Palazzo Reale di Torino – Sala degli Staffieri

Dipinti delle Virtù – Fregio

Grazie all’occasione e alla disponibilità dei Musei Reali di Torino
siamo lieti di poter proseguire con il progetto ON AIR Restauri in diretta
con l’intervento sul ciclo pittorico su tela del fregio Seicentesco della seconda anticamera di Palazzo Reale di Torino
Stay tuned!

ONStage

#20

Prima di ricollocare le dodici opere componenti il fregio della Sala degli Staffieri al loro posto nelle nicchie preposte, abbiamo eseguito un’ultima procedura protettiva.

Avendo riscontrato un accumulo di particolato e depositi tra la tela e il telaio al momento del disallestimento delle opere, per proteggere i supporti e impedire che distacchi di materiale in futuro possano danneggiarli – anche meccanicamente, causando strappi e lacerazioni – abbiamo deciso di prevenire proponendo una soluzione.

Abbiamo suggerito di utilizzare un materiale sintetico composto da fibre di polietilene ad alta densità (HDPE) che risulta simile alla carta ma antistrappo, anche se facilmente tagliabile con le forbici, conosciuto come Tyvek. Leggero e versatile ma nello stesso tempo robusto e resistente, il Tyvek è un tessuto non tessuto resistente a molti acidi e basi, traspirante ma impermeabile all’acqua, non tossico e riciclabile, ideale quindi per proteggere il verso dei dipinti.

Tagliandone una quantità su misura e fissandolo con graffette di acciaio inox ai dodici telai, abbiamo ottenuto un filtro tra essi e le pareti della Sala, perciò é possibile procedere nel riallestimento a cuor leggero, sapendo che sono al sicuro!

#19

 Cosa avviene dopo la fase di ritocco di un dipinto?

Si conclude l’intervento proteggendo la pellicola pittorica tramite un sottile strato di vernice finale, come è avvenuto per le dodici tele del fregio di Palazzo Reale.

Per questo procedimento è stato necessario portare le tele in uno spazio aperto, il cortile del Palazzo, approfittando del giorno di chiusura al pubblico, per poter stendere la vernice a spruzzo sulle tele. Si tratta di un procedimento che prevede di nebulizzare la soluzione con l’uso di un compressore e di una pistola professionale con ugelli adeguati, una tecnica utile a mantenere uno spessore limitato ed omogeneo ma sufficiente a proteggere la pellicola pittorica.

La minore o maggiore lucentezza della superficie pittorica dipende dalla diluizione della vernice, dalla volatilità del solvente e, quando si parla di verniciatura per nebulizzazione, anche dalla pressione e dalla distanza che si tiene dal dipinto.

Si utilizzano sempre vernici per restauro stabili agli UV ed ai raggi infrarossi, oltre che facilmente reversibili, per garantire la massima protezione al dipinto originale

#18

Siamo infine arrivati all’ultima fase del nostro intervento di restauro sulle Allegorie Reali della Sala degli Staffieri, non meno affascinante delle precedenti, anzi, perché il momento del ritocco pittorico afferisce alla fase estetica del processo di restauro e tratta una fase del lavoro molto importante. Consente infatti di mascherare e mimetizzare lacune del colore, abrasioni della pellicola pittorica e altri problemi che possono essere insorti negli anni, sempre nel rispetto della materia e della composizione originale dell’opera. 

I colori utilizzati nel restauro sono principalmente di due tipi, ad acquerello e a vernice. In entrambi i casi esistono delle line prodotte specificatamente per il restauro e si tratta di colori molto fini. Inoltre, il legante utilizzato è estremamente stabile e, cosa molto importante, sempre reversibile perché, in qualsiasi momento anche dopo molti anni dall’esecuzione del ritocco, possa rimosso con facilità.  

L’acquerello è un pigmento a base di gomma arabica, utilizzato fin dall’antichità e noto per essere molto stabile oltre ad essere completamente reversibile. Nel caso dei colori a vernice si usano come leganti vernici di ultima generazione, molto trasparenti, stabili e ovviamente del tutto compatibili con i materiali originali dell’opera. 

Dopo aver concluso la fase di consolidamento e le stuccature delle lacune, solitamente il primo momento del restauro estetico prevede il ritocco ad acquerello e soltanto dopo una prima verniciatura, se necessario, si interviene su zone localizzate con i colori a vernice per dare uniformità ai ritocchi. 

I pennelli che si usano per il restauro estetico sono molto morbidi, solitamente di pelo animale come la martora, di alta qualità. Devono essere di misura piccola e devono avere una punta che consenta al restauratore di operare in maniera molto precisa. 

È fondamentale che il restauratore non inventi nulla di nuovo, si attenga precisamente alla composizione originale, ai colori utilizzati dall’artista, così come è importante che l’intervento di ritocco sia condotto solo ed esclusivamente dove necessario, ovvero dove sono state eseguite le stuccature delle lacune ed eventualmente, dopo una valutazione attenta, dove la pellicola pittorica originale risulti abrasa e impoverita, ma solo se non permette una corretta lettura dell’insieme. 

#17

Nella Sala degli Staffieri di Palazzo Reale prosegue il grande cantiere di restauro del fregio. Abbiamo da poco concluso una fase davvero molto importante del nostro intervento: il consolidamento dei dipinti. Si tratta di un momento particolarmente delicato del lavoro conservativo, nel quale lo staff di restauro è intervenuto sia sul supporto dei dipinti sia sulla pellicola pittorica. 

Ognuna delle dodici opere, realizzata su una tela in fibra naturale, è stata oggetto di interventi localizzati sulle vecchie toppe aggiunte secoli fa e su piccoli tagli e lacerazioni. Per omogenizzare e sanare le superfici sono state applicate delle toppe in tetrex, un materiale in poliestere quasi impalpabile, perfetto per restituire continuità al supporto della pittura. 

Sul fronte di ciascuna tela si è invece lavorato su due strati, quello di preparazione e sulla pellicola pittorica. Questi livelli possono andare incontro a due fenomeni di degrado: nel primo caso lo strato pittorico può avere problemi di coesione, che portano il materiale a sbriciolarsi, nel secondo caso possono verificarsi invece problemi di adesione, che causano la formazione di fessurazioni, dette cretti, spesso anche vistose. 

In modo localizzato sono stati utilizzati dei materiali consolidanti non a base di acqua, scelti appositamente per non sollecitare la sensibilità dei dipinti all’umidità e per non causare distacchi della pittura. Il consolidante utilizzato è stato in seguito plastificato mediante l’uso di un termo-cauterio, ossia uno strumento grazie al quale è possibile raggiungere la temperatura più adatta per le operazioni di consolidamento senza rischiare di compromettere i materiali originali. Tra il termo-cauterio e la superficie pittorica si è inserito un foglio di melinex trasparente, che permette l’appianamento dei danni e riduce il rischio di compromettere gli strati di colore.  

Il recupero così impostato si è rivelato molto efficace e ci ha permesso di rimettere in totale sicurezza le zone di colore che presentavano problemi di de-adesione, prima di passare alla fase successiva di ritocco! 

#16

Come avevamo anticipato negli approfondimenti precedenti, siamo arrivati finalmente al dunque del complesso intervento di pulitura che la nostra equipe, unitamente al team di curatori e restauratori dei Musei Reali, sta portando avanti sulle dodici tele che compongono il fregio della Sala degli Staffieri, in particolare sui cieli di ognuna di esse, le zone che si sono rivelate più problematiche e particolari.  

Non tutti sanno che la pulitura non è un’operazione meramente estetica, ma una scelta conservativa condivisa tra tutti i professionisti coinvolti in un progetto di restauro, una decisione che in questo caso ha richiesto mesi di prove, valutazioni ed approfondimenti diagnostici a vari livelli, per arrivare ad una scelta consapevole.   

Il motivo di tanta attenzione? In questo caso la pulitura deve tenere in considerazione le condizioni conservative di ognuna delle dodici opere, mantenendo un dialogo tra le stesse. È stato necessario quindi confrontarsi con l’estensione dei cieli ed il modus operandi dell’artista così come dei restauratori intervenuti prima di noi. 

L’intervento di ridipintura che abbiamo rilevato sulle dodici figure allegoriche è risultato molto rispettoso dell’impostazione originale delle opere, il che ci ha portato ad ipotizzare un approccio analogo anche sui cieli. Non è un’informazione da poco, soprattutto perché in quasi tutte le tele abbiamo rilevato un viraggio di colore importante, tipico del pigmento utilizzato per i cieli, lo smaltino, che ha portato il blu a diventare bruno, ragion per cui abbiamo trovato un importante restauro Ottocentesco che ha ridipinto completamente i cieli.  

Trattandosi di ridipinture recenti, spesse ed estese, oggi facilmente rimovibili ma nel tempo destinate a diventare un fattore di rischio conservativo per la materia originale, stiamo procedendo a rimuoverle totalmente, in vista di un intervento puntuale di integrazione per velature. Tutto questo sempre sotto gli occhi del pubblico.

Possiamo dirvi che stiamo toccando letteralmente il cielo con un dito! 

La FIDELITATE

Un’altra virtù sabauda è la fedeltà. La donna sulla destra, vestita di bianco e coronata di gigli, accarezza un cane – tradizionale simbolo di fedeltà – e poggia la mano destra su un altare su cui arde una fiamma senza fine.

Sullo sfondo il pittore raffigura l’incontro tra Tommaso III e il fratello Amedeo V in segno di riconciliazione al termine un periodo di discordia.

La CELERITAS

All’elenco delle virtù sabaude si unisce la celerità, dote qui celebrata per le vittore militari di Tommaso I. Il condottiero compare sulla destra alla guida del proprio esercito mentre, con il bastone del comando, incita i suoi alla conquista di una città murata.

Come ricorda Rovere (1858), “Tommaso I, profittando del favore dell’Imperatore Federico II, con maravigliosa prestezza ricupera i paterni Stati in Piemonte”. L’allegoria femminile presenta pertanto alcuni attributi significativi collegati al suo significato: le ali sul capo e ai piedi, l’arco con le frecce, un secondo viso per poter vedere alle proprie spalle.

La IUSTITIAE

La giovane Giustizia seduta sulla sinistra introduce lo spettatore a conoscere un’altra virtù dei Savoia. La donna, vestita di bianco con grandi ali e con una corona di stelle, è intenta a leggere un libro che potremmo immaginare di sentenze, mentre tiene con la mano destra la celebre bilancia.

Accanto a lei giacciono a terra le tavole delle leggi.

Sulla destra il pittore presenta il tradizionale episodio storico che in tutto il ciclo seicentesco accompagna sempre la raffigurazione allegorica. Il duca Ludovico, seduto in posizione di rilievo sotto a un baldacchino, riceve personalità togate per l’Università degli studi di Torino da lui fondata.

La MODESTIAM

Nella serie delle dodici tele della Sala degli Staffieri spicca questa tela per la cupa e scura raffigurazione della virtù della Modestia. La donna seduta a destra, di cui si nota l’ombra del piede e la mano quasi appoggiata sull’iscrizione latina sottostante, si presenta come una donna velata, vestita di nero quasi desiderosa di nascondersi e non apparire agli occhi del mondo. Eppure alcuni dettagli rivelano la sua capacità di saper vedere e conoscere le cose con profondità. La Modestia tiene infatti uno specchio, in cui riflette sé stessa, un compasso e righello.

La personificazione allude alla virtù ritenuta propria di Amedeo V che nel 1313, trovandosi a Pisa, rifiutò l’offerta di salire al trono imperiale in seguito alla morte di Enrico VII. Notiamo, infatti, sulla sinistra il duca, riconoscibile dall’abito e scudo con la croce bianca in campo rosso, mentre respinge l’offerta della corona propostagli dai pisani.

La FORTITUDO

Clemente Rovere descrive la scena raffigurata nella tela allestita sulla parete ovest della Sala degli Staffieri: “Il Duca Carlo III, detto il Buono, il quale, piuttosto che piegare alle proposte del Re di Francia, perde il proprio Stato, ricuperato poi da Emmanuele Filiberto. (1533)”. La porzione sinistra dell’opera raffigura il duca in un consesso di nobili nei pressi di una citta marittima identificabile probabilmente in Nizza.

La virtù di Carlo III (o II, secondo la più comune genealogia sabauda), padre del duca Emanuele Filiberto che trasferì la capitale del ducato da Chambéry a Torino ne 1563, è ritratta sulla destra armata, con corazza e un brocchiere. La donna abbraccia saldamente il tronco di un possente albero identificabile in una quercia, simbolo di robustezza, dote che secondo il programma iconografico di Emanuele Tesauro fu impersonata dal duca Carlo.

La LIBERALITAS

Il tradizionale cartiglio in latino che accompagna tutte le tele seicentesche attualmente in restauro riporta in colore rosso la virtù raffigurata nella tela: Liberalitas.

La generosità disinteressata, qui personificata da una giovane donna ingioiellata e con in mano un prezioso collare, viene associata nel Seicento al conte Filippo I, vissuto nel Duecento. La presenza dell’aquila allude all’intenzione mirata e mai casuale da tenersi nelle azioni di generosità.

Sulla destra Filippo compare all’esterno del suo ricco palazzo mentre, riunita una folla al suono delle trombe di due cortigiani, distribuisce le proprie ricchezze privandosene con liberalità.

Si noti come il pittore, ancora da identificare nell’équipe impegnata nelle sale di facciata di Palazzo Reale, presenti la Liberalità di spalle, facendola ruotare verso lo spettatore.

La FACUNDIA

Al centro del lato sud, rivolto verso la Piazzetta Reale, trova posto la tela dedicata alla virtù della Facondia.

L’allegoria è raffigurata da una donna seduta con una corona di alloro sul capo, il caduceo e un violino in mano, in ricordo dell’eloquenza del conte Amedeo II, coinvolto nella lotta tra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII, come ricorda Clemente Rovere nel descrivere il soggetto storico raffigurato sulla destra: “Amedeo II con persuasive parole conduce la pace tra l’imperatore Arrigo IV ed il pontefice Gregorio VII (1076)”.

Secondo le antiche cronache, Amedeo II consentì il passaggio dell’imperatore in Piemonte e favorì la celebre riconciliazione di Canossa.

Nel dipinto il conte sabaudo è raffigurato mentre intercede per la pacificazione tra Enrico IV, inginocchiato e in umili vesti di pellegrino, e il pontefice attorniato dalla corte di alti prelati.

La CLEMENZA

Localizzata nello scomparto centrale del fregio nella parete nord, la Clemenza è presentata sulla sinistra della tela con le sembianze di una donna seminuda con un’ampia veste bianca e con in mano un ramo di ulivo. La giovane è seduta accanto a un leone ammansito e rivolge lo sguardo a un fascio appoggiato a terra per indicare la sua volontà pacificatrice.

Come per le tele già presentate, sul lato destro è rappresentato invece un episodio storico che Clemente Rovere (1858) così descrive: “Filippo II (Senza Terra), il quale, durante la sua gioventù, tradito da alcuni dignitari della Corte, come salì al potere, loro concedé generosamente il perdono”.

Il duca Filippo II detto Senza Terra (1443-1497) si distingue per l’abito rosso con croce bianca e il collare dell’Annunziata e viene raffigurato mentre accoglie con clemenza i suoi nemici, traditori e ingrati, senza ricorrere all’uso delle armi.

La SEVERITA’

Il lato destra di questa tela è dominato da una donna armata, con una corona sul capo e un ampio mantello rosso svolazzante alle sue spalle. Nella mano sinistra la giovane regge una lunga spada, mentre nella destra brandisce un fascio di dardi.

A sinistra si scorge una scena di assedio. Lasciamo la parola a Clemente Rovere (Descrizione del Reale Palazzo di Torino, 1858): “Amedeo VII (il Conte Rosso), informato che i Vallesiani avevano cacciato da Sion il loro vescovo Odoardo di Savoia, li combatte, li vince, e non perdonando loro, ne fa strage (1384)”.

Si distinguono, infatti, alcuni cavalieri all’attacco alla città di Sion, avvolta dalle fiamme, in ricordo dello scontro fra le milizie sabaude e gli oppositori del vescovo Odoardo.

Soffermiamoci un istante sull’iscrizione in latino. Perché si cita Amedeo VI e non VII? Come riporta già Rovere, viene ripresa un’antica interpretazione secondo cui nella successione genealogica sabauda alcuni cronisti non contavano Amedeo I.

La RELIGIOSITA’

Sopra la porta verso la Sala dei Paggi si trovava il dipinto raffigurante la Religiosità, ora in fase finale di intervento. A destra compare la figura allegorica di un pontefice con sontuosi paramenti sacri e la tiara sul capo. Il papa legge un libro liturgico mentre con la mano sinistra regge una tripla croce. Accanto a lui, sono disposti a terra libri e arredi sacri, fra cui si scorgono un turibolo e una navicella per l’incenso.

Spostandoci sul lato sinistro, distinguiamo un episodio tratto dalla storia sabauda. Come per le due tele che vi abbiamo già presentato, Clemente Rovere ci accompagna nell’identificarlo: “l’incendio che l’imperatore Federico Barbarossa, dopo il suo ritorno in Italia (1174), mise alla città di Susa per vendicarsi del modo con cui era stato da quel popolo accolto, mentre nel 1168 fuggiva dalle nostre contrade”.

Nelle lotte contro l’invasore Federico Barbarossa fu coinvolto il conte Umberto III, morto a Chambéry nel 1189 e noto per la sua pietà e devozione da cui il soprannome di Santo o Beato. Secondo Rovere, “avrebbesi voluto attribuire l’incendio di Susa alla virtù religiosa di Umberto III, il quale erasi inimicato con quell’imperatore per seguire il partito del pontefice”.

Un’ultima curiosità: guardando attentamente l’iscrizione, noterete che il piede della Magnificenza proietta un’ombra sulle parole del cartiglio. Si tratta di un espediente utilizzato dall’artista per dare profondità alla sua opera e creare un collegamento tra le diverse sezioni dell’opera.

La MAGNIFICENTIA

Come riporta il colore rosso dell’iscrizione in latino del cartiglio, il nome della Virtù che oggi presentiamo è la Magnificenza, raffigurata nelle vesti di una donna che siede accanto a una colonna. La giovane, con indosso un abito elegante e la corona sul capo, abbraccia una piramide, simbolo dell’impegno dei grandi sovrani nella costruzione di nuovi importanti edifici.

A sinistra, Umberto I Biancamano, capostipite della famiglia Savoia al quale “venne attribuita la virtù della magnificenza per i sacri edifizi che i cronisti supposero essere stati da lui innalzati” (Clemente Rovere, Descrizione del Reale Palazzo di Torino, 1858). Per questa ragione, il conte compare “nell’atto di approvare il disegno d’uno di tali monumenti che vedesi in costruzione nel fondo del quadro”, dove su un’altura si nota un imponente palazzo dalla pianta circolare, con i ponteggi ancora allestiti, circondato da operai alle prese con il taglio delle pietre.

Un’ultima curiosità: guardando attentamente l’iscrizione, noterete che il piede della Magnificenza proietta un’ombra sulle parole del cartiglio. Si tratta di un espediente utilizzato dall’artista per dare profondità alla sua opera e creare un collegamento tra le diverse sezioni.

#15

Intanto che, ottenuto un buon numero di informazione grazie alla campagna diagnostica, possiamo muoverci più spediti con la pulitura definitiva delle prime tele individuate come non presentanti casi particolari, ancora oggetto di approfondimenti da parte di ricercatori e studiosi, ne approfittiamo per presentarvi meglio alcune di queste.

Non ci siamo infatti ancora soffermati sulla storia ed il significato di queste dodici Allegorie. Sappiamo certo che si tratta delle Virtù Regie di casa Savoia, ma che cosa racconta ai posteri questa serie di dipinti? Abbiamo deciso di svelarvelo a poco a poco, seguendo l’andamento progressivo dei lavori, un’opera alla volta.

La descrizione dei soggetti fu riportata da Clemente Rovere nella sua pubblicazione, edita nel 1858 e interamente dedicata al Palazzo Reale di Torino.

 

La PIETATEM

Nel libro, a proposito della tela che oggi vi presentiamo, si legge: “Amedeo VIII (il Pacifico), il quale, dopo gloriose guerre, e dopo aver preferito al trono la solitudine del monastero di Ripaglia, eletto papa, per far cessare i dissidi nella Chiesa, rinunzia anche alla tiara (1434-1439).”

L’episodio storico a cui si riferisce Rovere e l’iscrizione riportata sulla tela rimanda ad Amedeo VIII di Savoia (1383-1451) che, ritiratosi dalla vita pubblica, dal 1434 stabilì la propria residenza sul lago di Ginevra nel castello di Ripaglia, preferendo un’esistenza ritirata e religiosa. Nonostante questa scelta, durante il concilio di Basilea, nel 1439, venne eletto pontefice, per saggezza e lignaggio. con il nome di Felice V, districandosi fra le difficoltà fino all’abdicazione avvenuta nel 1449. Nella tela il duca è ritratto sulla destra, insieme ai confratelli, con indosso il saio e il collare della Santissima Annunziata, mentre si dirige verso San Maurizio che gli porge un vessillo con la caratteristica croce lobata, simbolo dell’Ordine a lui intitolato.
In primo piano, l’allegoria della Pietà è raffigurata come una donna incoronata che regge nella mano destra un cuore e nell’altra una fiamma. Alle sue spalle un agnello brucia su un altare sacrificale.

#14

La campagna diagnostica che ha interessato le tele della Sala degli Staffieri è giunta alla sua conclusione con una riunione in loco che ha coinvolto lo staff dei Musei Reali di Torino, la Soprintendenza e la dottoressa Anna Maria Bava, direttrice della Galleria Sabauda, con i quali abbiamo definito le modalità di proseguimento lavori.

Facendo un passo indietro, riepiloghiamo insieme quali analisi non invasive ed invasive si sono rese necessarie per comprendere a fondo la natura delle opere e del loro vissuto.

Abbiamo parlato della Fluorescenza UV e delle analisi in Infrarosso bianco e nero e Infrarosso Falso Colore, eseguite direttamente dalla ditta Mnemosyne, a seguito delle quali sono state realizzate le riprese in Fluorescenza XRF ed alcuni prelievi mirati – analisi invasive – ad opera del dottor Angelo Agostino, Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Torino, presso il cui laboratorio sono state esaminate.

Tra le informazioni più rilevanti: alcuni cieli, per esempio su quello della Iustitiae, durante la rimozione delle ridipinture sono risultati bruni. I risultati dati dall’XRF messi a confronto con le sezioni trasversali prelevate da zone localizzate ci dicono che lo strato bruno che troviamo al di sotto delle ridipinture azzurre è uno strato di colore alterato. Si tratta di smaltino, nella sua forma chimicamente stabile la molecola prende una forma ottaedrica che conferisce questo tono grigio bruno.

Quattro delle dodici opere del fregio presentano il fondo del cartiglio di colore bruno che è emerso rimuovendo la ridipintura, quest’ultima costituita da uno strato di biacca con presenza di nerofumo. Lo strato bruno di questi cartiglio potrebbe essersi determinato a causa di un’alterazione molto forte del legante che è stato “troppo cotto” oppure da una campagna di pulitura precedente che ha causato il viraggio del bianco di piombo. Questa evidenza del viraggio della biacca sembra essere confermata anche dagli altri cartigli che la pulitura in corso sta facendo emergere, i quali pur essendo ancora bianchi sembrano mostrare diffuse aree di viraggio.

#13

In attesa dei risultati legati all’approfondimento mediante fluorescenza di raggi X (XRF) il team di Mnemosyne Servizi ha approfittato del giorno di chiusura delle attività museali per completare un’altra fase della pulitura delle opere, che non interessa solo il fronte e dunque la superficie pittorica, ma anche il verso dei dipinti.

Abbiamo infatti riscontrato sul retro delle tele un consistente deposito di sporco di varia natura distaccatosi negli anni dalla parete in laterizio e cemento; tanti piccoli frammenti che nei decenni si sono depositati sul retro e in particolare tra il telaio e la tela.

Ne abbiamo appurato la quantità solo una volta che le tele sono state portate a terra, abbiamo impiegato microaspiratori a flusso variabile con l’ausilio di pennelli a setola morbida, sia per sollevare meno polvere possibile, sia per poter estrarre efficacemente i depositi più fini anche negli interstizi del tessuto di supporto.

Oltre alla rimozione dei depositi incoerenti anche il verso della tela di supporto e il telaio ligneo necessitano di cure specifiche, oltre ad una meticolosa fase di pulitura si è proceduto con il trattamento antitarlo preventivo dei telai.

#12

Parallelamente alle considerazioni delineate grazie agli approfondimenti diagnostici ed ai confronti con gli storici dell’arte ed esperti del team di Musei Reali Torino, sono stati portati avanti gli approfondimenti sulla materia pittorica tramite tasselli di pulitura, che in alcuni casi è stato necessario ampliare per avere ancora maggiore comprensione dello stato di fatto.

I tasselli di pulitura e le informazioni raccolte in questa fase preliminare sono stati fondamentali e necessari anche per orientare consapevolmente le scelte dei punti di analisi Fluorescenza XRF per i quali è stato coinvolto il dottor Angelo Agostino del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Torino.

L’analisi mediante fluorescenza di raggi X permette di fornire indicazioni sulla composizione elementare (atomica) dei materiali indagati e, nel caso di un’opera pittorica, permette di ottenere informazioni soprattutto sulla composizione inorganica dei pigmenti che caratterizzano le campiture cromatiche del dipinto. Il particolare vantaggio? Grazie alle caratteristiche proprie della tecnica, è possibile avere informazioni sulle regioni più profonde del dipinto come l’imprimitura e la preparazione, fino al supporto.

#11

La Riflettografia Infrarossa Falso Colore è un’analisi non distruttiva che svolge un ruolo importante nella diagnosi delle nostre tele, poiché prendendo in esame la natura specifica di ogni pigmento – identificato da una composizione chimica riconoscibile dal modo in cui assorbe l’infrarosso –  permette di identificare stesure apparentemente simili, differenziandole cromaticamente.

Come funziona a livello pratico? L’analisi si ottiene anche in questo caso grazie a filtri passabanda anteposti all’ottica di ripresa, che permettono di registrare le componenti nella porzione spettrale corrispondente al verde, al rosso e all’infrarosso, restituite sul monitor nella terna rosso, verde e blu.

L’analisi si basa sulla risultate cromatica finale dell’immagine ottenuta sempre tramite un’elaborazione digitale di più immagini dello stesso soggetto, in cui sono contenute le informazioni provenienti dalla regione infrarossa. Stesure cromatiche simili nel visibile, ma con composizione chimica differente, possono infatti comparire nel falso colore con cromie ben differenziate, divenendo distinguibili.

Il rosso di cadmio, il vermiglione e il minio – pigmenti rossi nello spettro del visibile –  vengono restituiti con varie tonalità di giallo in Infrarosso Falso colore, mentre la terra di Siena bruciata oppure il rosso Veneziano risultano di un colore verde sporco o bruno.

L’azzurrite e il blu di Prussia risultano con un’altra tonalità di azzurro, mentre lo smaltino e il blu ceruleo appaiono di colore rosso in Infrarosso Falso colore.

#10

La Riflettografia Infrarossa è un ulteriore approfondimento non invasivo che  aiuta ad avere una lettura degli strati più profondi delle opere, permettendo di rilevare tracce nascoste da successive stesure di colore, che a questa lunghezza d’onda risultano trasparenti .

La Riflettografia Infrarossa viene solitamente eseguita registrando immagini a due lunghezze d’onda, a 950 nm e a 1100 nm circa, interponendo filtri definiti tagliabanda. La natura delle immagini ottenibili è legata alla permeabilità degli strati di colore alla radiazione infrarossa – determinata non solo dalla natura chimico-fisica dei pigmenti ma anche dal loro spessore – e dalle caratteristiche dei componenti sottostanti che possono evidenziarsi solo grazie a differenze di riflettanza. Quest’analisi consente quindi di tradurre la radiazione IR (non visibile a occhio nudo) riflessa da una superficie opportunamente stimolata generando delle immagini in bianco e nero dette riflettogrammi.

In questo caso è stata sufficiente la lettura a 950 nm, i materiali che sono risultati neri sono quelli che contengono tracce di carbonio – assorbe la radiazione e risulta opaco – motivo per cui è stato possibile individuare alcune tracce di disegni preparatori a carboncino e leggeri pentimenti, che si leggono chiaramente, mentre non abbiamo rilevato alcuna firma.

#9

La fase documentale include anche fasi diagnostiche che permettono di approfondire la lettura dell’opera. In questo caso la materia pittorica che stiamo osservando ci ha subito incuriosito perché ha mostrato immediatamente alcune peculiarità.

Riteniamo sia sempre opportuno ricordare come un intervento di restauro su di un’opera d’arte debba essere preceduto da una raccolta, più ampia possibile, di notizie storiche e di analisi a carattere scientifico, in modo da impostare in maniera corretta l’operazione stessa di restauro. Ciò che definiamo diagnostica artistica raccoglie tutte quelle tecniche finalizzate alla conoscenza del materiale di cui è composta un’opera al momento della sua analisi.

La fluorescenza all’ultravioletto (UV) è un approfondimento non invasivo che sicuramente non può mancare per avere un quadro delle condizioni generali dell’opera. Utilizzato principalmente nella fase di accertamento dello stato di degrado dell’opera, verifica dell’esistenza e dell’estensione di stesure filmogene presenti sulla superficie dell’opera e in molti casi consente l’individuazione di porzioni pittoriche non originali. Proiettando un fascio di raggi UV sulla superficie di un dipinto potremo infatti osservare come alcune parti di esso rispondano alla fonte UV (non visibile all’occhio umano) restituendo una risposta luminosa tipica (fluorescenza) mentre altre parti rimangano scure, rivelando i ritocchi più recenti. Le differenti fluorescenze osservabili su un dipinto illuminato da una lampada UV sono in funzione non solo della composizione chimica delle varie sostanze, ma variano in base al tempo che è trascorso da quando questi materiali sono stati applicati. Ecco perché con questo esame è immediatamente possibile individuare, se presenti, i materiali sovrapposti che, essendo meno antichi, risultano più scuri.

In questo caso, osservando le dodici tele, abbiamo rilevato numerose piccole zone soggette a restauro estetico, ma non solo. Abbiamo infatti rilevato una forte fluorescenza legata alle vernici sovrapposte al colore: maggiore è la fluorescenza di uno strato e minore sarà la la capacità di osservare chiaramente lo strato sottostante, per questo motivo si è reso necessario affiancare a questo esame anche un’analisi in Fluorescenza dei raggi X (XRF), utile per definire la composizione chimica del punto di analisi.

#8

Nel nostro lavoro, che è fatto di concentrazione la quale spesso abita il silenzio, c’è un pensiero che sovente ci torna alla mente in riferimento proprio alle opere d’arte, antiche o moderne che siano: “Noi tutti siamo solo dei custodi temporanei di questi oggetti”.

E’ una frase sintetica, apparentemente banale, ma noi di Mnemosyne Servizi crediamo che quel NOI risuoni come una chiamata per tutti noi che siamo – in dis tin ta men te – chiamati a CUSTODIRE e quindi ad aver cura. Non solo per noi stessi, ma nel rispetto sia di chi ci ha preceduto ed è stato capace di preservare, permettendoci oggi di vedere, toccare e conoscere quel bene; sia nella lungimirante visione di chi, dopo di noi, è giusto che possa avere la stessa nostra fortuna.

Poi c’è quel SOLO che ci rende così piccoli di fronte a un impegno così grande, un impegno che richiede un tempo per il FARE così come un tempo per DIVULGARE  e condividere il lavoro, i suoi sforzi ed i risultati con quante più persone sia possibile, perché si tratta di un patrimonio collettivo.

#7

Le tele sono di dimensioni considerevoli – circa 1,5 m di altezza per un massimo di 3,5 metri di larghezza – ma sono spesse soltanto 4 cm circa. Sono state poste ordinatamente su di un cavalletto e lì hanno atteso che venisse allestito il set fotografico. La fase di documentazione è molto importante in fase di restauro poiché attestare lo stato di conservazione di un’opera prima dell’intervento equivale per noi restauratori ad un primo momento di incontro “a tu per tu” con la materia di quell’opera, la osserviamo ed iniziamo a conoscerla.

Osserviamo la pellicola pittorica, i bordi del telaio con la sua chiodatura, in particolare ci concentriamo sulla tela, che ad esempio sui bordi può essere priva di colore, ci soffermiamo sulle teste dei chiodi, la cui fattura ci racconta di quale epoca sono. Infine, una delle cose che rivela molte informazioni è il verso dei dipinti! Su questo lato dell’opera si apre infatti un mondo che, come in questo caso, solitamente resta obliterato, inaccessibile, buio. Qui nel dark side of the painting possiamo finalmente osservare il telaio, ovvero l’ossatura che sostiene la tela di supporto. Sul telaio o sulla tela possiamo trovare scritte, timbri, segni incisi, targhette manoscritte, numeri di inventario… Insomma, girare un dipinto equivale ad aprire il coperchio di un forziere!

Al termine di questa fase di studio preliminare, incominciamo a scattare fotografie del generale – fronte e verso – oltre che di tutti i dettagli rilevanti, quei particolari che accomunano le opere tra loro così come quelli unici e irripetibili riferiti solo al singolo manufatto che la storia ci ha consegnato.

#6

Qualche numero!

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come la squadra di Mnemosyne Servizi che ha lavorato alla preparazione e smontaggio delle tele
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i metri di altezza a cui abbiamo lavorato
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le tele che abbiamo smontato e portato a terra
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le ore complessive per proteggere la pavimentazione, spostare il trabattello, metterlo in sicurezza ad ogni spostamento, proteggere gli arazzi, liberare le tele dipinte e portarle a terra
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le volte che in media ognuno di noi è salito e sceso dal trabattello! Qualche volta abbiamo dimenticato qualcosa all’ultimo piano e siamo dovuti risalire e ridiscendere… come si dice “chi non ha testa mette gambe!”
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i metri percorsi con il trabattello nella sala degli Staffieri
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l’epoca a cui risalgono le tele dipinte

#5

Non si ha mai davvero idea della quantità di polvere, dei depositi di materiale e dei calcinacci che si smuovono in queste circostanze, soprattutto quando si tratta di rimuovere le tele dalla loro sede. E GLI ARAZZI?

Abbiamo pensato anche a loro, infatti prima di movimentare le opere gli arazzi sottostanti sono stati protetti con un telo in plastica molto leggero ma resistente.

#4

La squadra di Mnemosyne Servizi è in quota, ma adesso tocca alle opere scendere a terra…

Per calare in sicurezza tutti e dodici i dipinti abbiamo pensato di costruire una sorta di barella verticale, un supporto ausiliario che ha risposto a specifiche esigenze di:

  1. leggerezza – per permettere all’argano di portarla in posizione
  2. resistenza – per far fronte al peso – sconosciuto – dei dipinti
  3. dimensioni adeguate – sia per accogliere l’ampiezza dei dipinti, sia per riuscire a scorrere verticalmente tra la parete e il trabattello

Con questo sistema siamo riusciti a ridurre al massimo la manipolazione diretta delle opere che, una volta liberate e fatte uscire dalla loro sede, sono state immediatamente adagiate in sicurezza, su un soffice strato di ethafoam il quale rivestiva la barella.

Inoltre, l’argano a cui la barella era vincolata ci ha permesso di calare l’opera con tutta la delicatezza e l’attenzione necessarie.

Abbiamo calato tutte e dodici le tele senza il minimo intoppo!

#3

Tutte le fasi operative sono state attentamente valutate nella fase progettuale… non osiamo immaginare che cosa significhi progettare la costruzione di un intero edificio, per noi il solo smontaggio di queste opere ha richiesto tante valutazioni. Immaginate cosa significa muoversi in un ambiente dove ogni superficie è, letteralmente, preziosa!

Ecco perché il montaggio del trabattello ha richiesto la massima attenzione per poter eseguire tutte le operazioni in totale sicurezza, sempre protetti da caschetti e imbraghi.

La sicurezza sul lavoro è fondamentale, perché anche le operazioni apparentemente più banali possono risultare insidiose.

#2

Dopo aver messo in sicurezza gli oggetti e protetto le superfici è stato trasferito nella sala tutto l’occorrente per poter arrivare in quota. Infatti le dodici grandi tele del fregio si trovano a circa 8 metri di altezza.

#1

La prima operazione che ha dato avvio ai lavori è stata la preparazione della sala, ovvero la messa in sicurezza di tutti i beni mobili che sono stati spostati. Anche la pavimentazione è stata oggetto di particolari attenzioni mediante l’utilizzo di teli di protezione morbidi e pannelli lignei.