Gruppo processionale – S. M. Clemente

Il Calvario di Stefano Maria Clemente 

Il gruppo scultoreo raffigura il calvario con il Cristo in croce, la Madonna, S. Giovanni e la Maddalena. L’opera è una macchina processionale realizzata tra il 1761-1763 (Mallé) dallo scultore Stefano Maria Clemente (1719-1794). 

Il gruppo ligneo fu commissionato dall’Arciconfraternita dello Spirito Santo come gruppo processionale. Fin quando il gruppo rimase in uso, per circa ottant’anni, veniva ricoverato nella cappella del Crocefisso. Fu poi trasferito definitivamente nella cappella della Madonna della Neve nel 1842, la quale venne ricavata trasferendo dapprima l’opera dipinta su tela del Franceschini nella sacrestia e costruendo poi una nicchia apposita per ospitare la macchina processionale. 

Stefano Maria Clemente nacque a Torino il 23 marzo 1719. Il Vesme ha ricostruito la genealogia della famiglia dei Clemente sulla base delle memorie manoscritte del Vernazza, conservate presso l’Accademia delle Scienze di Torino. Stefano Maria appartenne ad una famiglia di scultori, sempre il Vesme riporta i dati biografici relativi al fratello, Giuseppe Maria, anch’egli scultore morto nel 1763 e al figlio di quest’ultimo, Giovanni, morto nel 1793. 

Il Clemente entra a far parte della compagnia di San Luca nel 1756, anno della fondazione, insieme al fratello Giuseppe Maria e altri artisti tra cui il Beaumont. I Clemente, dall’anno successivo, lavoreranno per la compagnia stessa insieme ad altri artigiani, collaborazione che dimostra il carattere istituzionale della compagnia. Altre collaborazioni si possono individuare nella realizzazione della macchina processionale della chiesa parrocchiale di Carmagnola (1751 – 1752) dove, per la commissione dei direttori della cappella della Madonna della Concezione, troviamo impegnati Bernardo Cermenati e il Clemente insieme ad altri artigiani intagliatori, sotto la supervisione e la direzione dei lavori di un orafo di Carlo Emanuele III al fine di garanzia di “artisticità”. Nel 1759 i due fratelli Clemente risultano consiglieri associati a nomi quali V. Cignaroli e C. F. Beaumont dello Studio regio di pittura. 

Il Clemente lavorò per il Corpus Domini in particolare durante il 1753 in occasione delle opere di abbellimento della chiesa. Oltre alla città di Torino il Clemente lavorò anche per la chiesa parrocchiale di Pecetto Torinese, Chieri, Collegno, Orbassano, Bra, per diverse Confraternite. 

Se in una prima fase della sua produzione il Clemente si ispira alle opere di pittura della prima maturità del Beaumont, appare in seguito adottare un gusto mosso dalle spinte emotive della teatralità barocca che si ritrovano nella pittura proposta dal Molinari e nella produzione scultorea di Bernero. 

Il gruppo dello Spirito Santo accentra l’attenzione sull’Addolorata che, abbandonata ai piedi della croce, occupa diagonalmente la scena. La figura di S. Giovanni sostiene la Madonna compianta dalla figura della Maddalena. Lo schema compositivo richiama altre opere del Clemente, come quelle realizzate per la chiesa di S. Francesco a Moncalieri o la Vergine della Purificazione di Bra. 

La collocazione stabile e di primo rilievo all’interno della Chiesa dell’Arciconfraternita fin dal 1842 è dimostrazione di grande fortuna critica avuta dal Clemente nel corso del XIX secolo. 

Il restauro, avviato nel febbraio del 2014 e conclusosi a settembre 2017, è stata un’importante occasione per poter studiare questo bene e riportarlo alla corretta e originale condizione. Infatti, gli spessi strati di ridipinture stratificatisi nei secoli a causa dei vari cicli manutentivi, alteravano completamente la corretta percezione dei colori originali 

Il gruppo è formato complessivamente da 6 principali grandi elementi scolpiti a tutto tondo. Di questi fanno parte l’ampio basamento che riproduce il Gòlgota e sul quale poggia tutta la rappresentazione: la figura dell’Addolorata, la figura di S. Giovanni, quella della Maddalena, la croce ed infine il Cristo. Sono poi presenti una serie di elementi in legno scolpito, di dimensioni assai minori, che assolvono la funzione di mascherare e tamponare aperture incoerenti tra le varie parti del gruppo.

Le figure, di cui il gruppo si compone, sono state realizzate con diversi blocchi di legno di pioppo massello di misure eterogenee incollati e imperniati tra loro con perni lignei al fine di formare i volumi utili da cui scolpire e far emergere le figure. Dove è stato possibile osservare il legno privo di strati di finitura, a causa delle

estese lacune, è emerso che i vari masselli sono stati incollati sempre rispettando il senso longitudinale della venatura. In questo modo la massa complessiva ottenuta mantiene un’omogeneità nei movimenti che il legno compie nei suoi cicli di adattamento reologico al clima dell’ambiente di conservazione. Solo le teste delle figure e alcune porzioni come busto e braccia risultano essere ricavate da intere porzioni di tronchi. 

Le figure sono perlopiù cave salvo le braccia e delle porzioni più sottili come le gambe della figura del Cristo. Tutte le teste e i busti sono cavi, e ciò è stato possibile creando delle aperture temporanee sul retro delle figure, atte a scuorare le parti di legno che ancora conservavano il midollo. Questi “accessi” sono poi stati richiusi in fase d’esecuzione. Ad esclusione del Cristo, le porzioni inferiori delle altre figure sono state scavate principalmente dalla base. 

La tecnica di svuotare le figure aveva sia lo scopo di alleggerire il gruppo processionale per gli spostamenti cui era destinato, sia quello di ridurre le tensioni del legno, soprattutto in quei casi in cui, come per le teste o i busti, erano impiegate porzioni intere di tronchi d’albero, per cui si rendeva necessario eliminare il midollo, cioè, come detto, scuorare il tronco utilizzato. 

Le figure sono scolpite e dipinte a tutto tondo e dopo l’intaglio, l‘intera superficie è stata apprettata interamente con colla animale e poi preparata con un sottile strato di gessatura atto a ricevere il colore. 

 

L’unico elemento che non è ricavato dal legno è il cartiglio: questo è stato realizzato in lamierino dipinto e si tratta molto probabilmente di un rifacimento. 

 

Prima del restauro la pellicola pittorica originale era completamente ridipinta e soggiacente anche a tre o quattro livelli di ridipintura. Oltre alla diffusa condizione lacunosa in cui versa il livello originale, questo, dove ancora presente, è molto assottigliato o abraso in diverse e ampie porzioni. 

Sono certi, infatti, diversi interventi di manutenzione che hanno interessato l’intera superficie del gruppo. Grazie ai vari generi di dati raccolti durante il restauro, all’iscrizione individuata sul retro del cartiglio “Cav. G. Taverna | Restaurò | 1919” e alle informazioni storiche d’archivio, è stato possibile fornire un’ipotesi cronologica e quantitativa dei vari interventi manutentivi occorsi nei secoli, ognuno dei quali è collegabile a un diverso livello di ridipintura. Come si vede nelle immagini seguenti (pp. 19-21)sono stati individuati almeno 3 livelli di ridipintura che sono stati indagati mediante micro campionature inglobate in resina e osservate allo stereo microscopio per identificare la stratigrafia. Si tenga conto che il livello indicato con il n.1 corrisponde a quello più antico.

La pulitura è stata eseguita con svariati metodi e tecniche, messi a punto dopo molti mesi di test e sperimentazione. Oltre ai metodi tradizionali sono state impiegate altre modalità che consentissero di lavorare con maggiore precisione e con risultati altrimenti insperati. Tra le tecniche utilizzate si annovera il metodo di pulitura laser, ma soprattutto un sistema di micro sabbiatura a pressione controllata chiamato IBIX (visibile nella foto seguente). Questa tecnica ha consentito di assottigliare gli spessi e tenaci strati di sporco e ridipintura per ritrovare le finiture originali mediante un piccolo manipolo, delle dimensioni di una penna. Molte operazioni sono state condotte con l’ausilio del microscopio, fondamentale per calibrare la pulitura e rispettare gli strati originali di colore. 

Durante il riallestimento dell’opera è stato possibile riposizionare correttamente la figura della Maddalena che prima del restauro si trovava in una posizione più avanzata. Lo studio del gruppo e la comprensione del metodo costruttivo hanno permesso, in fase di rimontaggio di riproporre la corretta posizione di tutte le figure. La Maddalena infatti, si appoggia alla croce abbracciandola. 

I colori emersi hanno rivelato accostamenti cromatici pienamente Settecenteschi e di grande effetto. Il contrasto del verde e del rosso, rispettivamente della veste e del manto di San Giovanni, il blu e il colore lacca di garanza della veste della Madonna con il velo inaspettatamente verde, il colore indaco del cappuccio legato sul petto della Maddalena e, infine, il decoro molto ammalorato ma ancora apprezzabile, del perizoma del Cristo, figura della quale è stato possibile anche recuperare la bellezza e finezza cromatica dell’incarnato.

La chiesa dello Spirito Santo è resa fruibile, anche, grazie alla collaborazione con i Volontari del Touring Club per il Patrimonio Culturale impegnati nel progetto Aperti per Voi che a livello nazionale dal 2005 rende godibili palazzi, musei, monumenti, aree archeologiche e chiese; luoghi di cultura “adottati” dal Touring Club Italiano e animati da incontri, concerti, mostre e che ha già superato i tre milioni di visitatori.

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